Controllo a distanza del lavoratore: come è disciplinato
- 27 Luglio 2021
- Posted by: Sergio Palombarini
- Categoria: Approfondimenti
La normativa sul controllo a distanza del lavoratore è profondamente cambiata in seguito al Jobs Act. La riforma del lavoro, voluta dal governo di Matteo Renzi e finalizzata a rendere più flessibile il mercato del lavoro italiano, ha infatti riformato l’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori.
A lungo dibattuto dal legislatore, il tema è stato oggetto di numerose controversie tra lavoratore e datore di lavoro. Sebbene quest’ultimo sia legittimato ad impiegare impianti audiovisivi e apparecchiature per il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, è necessario che lo faccia secondo quanto stabilito dalla normativa. E che sia in regola con le norme previste dal GDPR e dal nuovo Codice Privacy.
In questo articolo vediamo come può avvenire il controllo a distanza del lavoratore.
L’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori prima del Jobs Act
Prima dell’introduzione dell’art. 23 del decreto legislativo n. 151/2015, in vigore dal 24 settembre 2015, l’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori permetteva al datore di lavoro di installare impianti audiovisivi e altre apparecchiature dalle quali potesse derivare un controllo da remoto dei lavoratori solo per:
- esigenze organizzative
- esigenze produttive
- questioni di sicurezza
- questioni di tutela del patrimonio aziendale
L’installazione poteva avvenire solo ed esclusivamente a fronte di un accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In caso l’azienda avesse più sedi, ubicate in diverse province o regioni, poteva far fede l’accordo collettivo stipulato dalle associazioni sindacali più rappresentative sul territorio nazionale. In mancanza di un accordo, l’installazione poteva essere autorizzata dall’Ispettorato del Lavoro competente per territorio o dalla sua sede centrale.
Sono e restano esclusi da accordi e autorizzazioni gli strumenti per il controllo degli accessi e la registrazione delle presenze.
Con l’introduzione del Jobs Act, il legislatore si è concentrato su due aspetti: l’installazione e l’utilizzo di apparecchi audiovisivi e il controllo sugli strumenti che il datore di lavoro dà ai suoi dipendenti per lo svolgimento della loro attività (personal computer, tablet, smartphone ecc.).
Il controllo a distanza dei lavoratori oggi: diritti, doveri e modalità
A seguito dell’entrata in vigore del Jobs Act, gli apparecchi audiovisivi e gli strumenti che consentono di controllare da remoto il lavoratore possono essere installati solo previo accordo sindacale. Accordo, questo, che deve essere stipulato con le RSA, le RSU o con i sindacati più rappresentativi a livello nazionale (a seconda delle dimensioni aziendali) e che deve disciplinare le modalità con cui tali strumenti possono essere utilizzati. In alternativa, l’imprenditore può chiedere l’autorizzazione alla Direzione Territoriale del Lavoro o del Ministero del Lavoro.
Non è stata liberalizzata dunque l’attività di controllo del datore di lavoro sui lavoratori. Come specificato anzi dal Ministro del Lavoro, con il comunicato stampa emanato il 15 settembre 2018, il lavoratore è ora più tutelato. In primis, perché in mancanza di un accordo o di un’autorizzazione il datore di lavoro non può installare alcun apparecchio per il controllo da remoto. In secondo luogo, perché è stata fatta chiarezza sugli strumenti autorizzati e su come i dati raccolti possono essere utilizzati.
Per l’installazione di strumenti che verificano gli accessi e le presenze, il datore di lavoro non necessita di accordi o autorizzazioni. Diverso è il discorso quando si parla di dispositivi dati in dotazione ai lavoratori. Sebbene la concessione di smartphone, computer e affini non necessiti di un accordo né di un’autorizzazione, qualora il datore di lavoro scelga di trasformarli per controllare il dipendente (ad esempio con l’installazione di un apposito software), l’accordo sindacale o l’autorizzazione del Ministero sono necessari.
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Il bilanciamento tra controllo e privacy
Nel riformare l’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, il legislatore ha specificato in quali modi i dati raccolti dall’imprenditore nell’ambito della sua attività di controllo possono essere utilizzati. Innanzitutto, è necessario che il datore di lavoro informi adeguatamente i dipendenti sulle modalità con cui possono utilizzare i dispositivi ricevuti in dotazione. Potrà farlo redigendo un regolamento disciplinare, pubblicando affissioni sul luogo di lavoro o emanando circolari che chiariscano aspetti quali:
- l’utilizzo della connessione Internet e della posta elettronica per scopi personali
- i comportamenti di navigazione sul Web tollerati e vietati
- la possibilità di accedere alla propria mail personale
- i dati che il datore di lavoro può conservare (e per quanto tempo può farlo)
- le conseguenze disciplinari in caso di utilizzo improprio della connessione Web e della posta elettronica aziendale
- le generalità di chi effettuerà il controllo dei dispositivi e di chi tratterà i dati personali dei dipendenti
In nessun caso il datore di lavoro è autorizzato a: leggere in modo sistematico la posta elettronica e conservarla, riprodurre le pagine Web che il lavoratore ha visitato, analizzare di nascosto i dispositivi dati in dotazione.
Relativamente agli strumenti di lavoro la norma limita l’ambito del controllo datoriale legittimo solo alle operazioni concernenti “l’esecuzione della prestazione lavorativa” (tra le quali devono ritenersi incluse quelle relative al controllo sull’eventuale utilizzo non lavorativo, ma privato e personale, dello strumento, ove non consentito o al di là dei limiti consentiti dal datore di lavoro) e non invece a quelle riguardanti le altre attività dei lavoratori, incidenti o meno sull’attività produttiva, ma non consistenti nell’attività lavorativa propriamente intesa (ad esempio le attività svolte durante le pause di lavoro o in luoghi adiacenti a quello di lavoro, come bagni e spogliatoi, o relative a qualsiasi altro aspetto della estrinsecazione della persona del lavoratore durante il tempo e/o luogo di lavoro).
L’obiettivo del controllo a distanza del lavoratore è verificare che, durante l’orario di lavoro, svolga effettivamente le sue mansioni. Controllando la cronologia, il tempo trascorso su ciascun sito e i download effettuati, l’imprenditore può raccogliere le informazioni che gli servono al fine di sanzionare, eventualmente, il lavoratore. Tuttavia, è necessario che ogni sua attività di controllo rispetti le disposizioni in termini di privacy: ogni operazione deve infatti essere in regola con il Regolamento UE 2016/679 e con il nuovo Codice Privacy come modificato dal D.Lgs. n. 101/2018.
Un capitolo a sé lo merita il controllo dei social network. Il datore di lavoro è legittimato a controllare non solo il tempo che il lavoratore trascorre sui social media, ma anche la condotta che su di essi tiene. Pubblicare sui propri profili contenuti diffamatori, ingiuriosi o denigratori nei confronti dell’azienda rientra nel reato di diffamazione e può portare al licenziamento. Allo stesso modo, trascorrere molto tempo sui social media durante l’orario di lavoro potrebbe essere un comportamento sanzionabile anche con un licenziamento per giusta causa.
Le pronunce della Magistratura
Dall’entrata in vigore del Jobs Act ad oggi, diverse volte la Magistratura si è trovata a dirimere controversie tra il datore di lavoro e il lavoratore.
Tra le sentenze, quelle maggiormente degne di nota hanno stabilito che:
- la videosorveglianza occulta del lavoratore è giustificata se vi è un ragionevole sospetto di furti e dunque di perdite economiche
- è legittimo per il datore di lavoro controllare in modo occulto e scritturare investigatori privati durante l’orario di lavoro, in caso vi sia il legittimo dubbio di un comportamento truffaldino del lavoratore, ma anche in caso si sospetti un improprio utilizzo dei permessi di lavoro (c.d. controlli difensivi). Sono invece illegittimi i controlli effettuati tramite agenzia investigativa sull’attività lavorativa in sé considerata dato che i predetti controlli possono effettuarsi solo sugli illeciti del dipendente esulanti dall’attività lavorativa, ancorché occasionati da quest’ultima. l’indebita connessione ad Internet risultante dalle fatture telefoniche aziendali rende legittimo il licenziamento del dipendente (pur sempre rispettando il necessario criterio di proporzionalità delle sanzioni disciplinari)
- i controlli che eccedono i limiti della adeguatezza e proporzionalità, e che ricadono sugli aspetti privati e personali estranei all’oggetto e al fine dell’indagine, sono illegittimi
- i controlli occulti devono avere un carattere occasionale e non sistematico, costituendo l’extrema ratio in quanto tecnicamente indispensabili e non sostituibili con altri tipo di indagine
Avvocato del lavoro Sergio Palombarini, legale per aziende, lavoratori e lavoratrici
L’avvocato del lavoro Sergio Palombarini è un appassionato della materia da molti anni e insieme ai professionisti del suo Studio affianca aziende, cooperative, lavoratori e lavoratrici nelle controversie legate al diritto del lavoro: dimissioni, licenziamenti, sanzioni disciplinari, assunzioni, infortuni, malattia, permessi, trattamento di disoccupazione, insinuazione di crediti in procedure fallimentari, redazione dei contratti e tutte le questioni giuslavoristiche e di diritto sindacale che toccano organizzazioni e personale subordinato. Le sedi dello Studio sono a Bologna in Via Bovi Campeggi 4 e Padova in Via S. Camillo De Lellis 37.