Qual è la differenza tra licenziamento, dimissioni e risoluzione consensuale del contratto di lavoro?
- 13 Dicembre 2024
- Posted by: Sergio Palombarini
- Categoria: Approfondimenti
Non tutti i rapporti di lavoro sono destinati a durare fino al pensionamento. La loro cessazione può avvenire in diversi modi, sia per decisione unilaterale di una delle parti, che per effetto di un accordo tra le parti stesse. Ognuna di queste modalità comporta implicazioni giuridiche e pratiche ben definite, che è importante conoscere per tutelare i propri diritti ed evitare errori. Qual è quindi la differenza tra licenziamento, dimissioni e risoluzione consensuale? Comprendere le sfumature di ciascuna opzione è essenziale, sia per il lavoratore che per il datore di lavoro, per agire in modo corretto e consapevole.
Approfondiamo insieme le principali tipologie di cessazione del rapporto lavorativo, analizzando le differenze e i contesti in cui ciascuna modalità può essere applicata.
Licenziamento o dimissioni: qual è la differenza?
La cessazione di un rapporto di lavoro è sempre un tema delicato, che spesso solleva dubbi e preoccupazioni, sia per i lavoratori che per i datori di lavoro. La prima grande differenza tra dimissioni e licenziamento riguarda chi prende l’iniziativa e le condizioni in cui il rapporto viene interrotto.
- Nel caso di un contratto a tempo determinato, infatti, né il lavoratore né il datore di lavoro possono interrompere il rapporto prima della sua naturale scadenza, salvo che sussista una “giusta causa”.
- Con un contratto a tempo indeterminato, invece, il lavoratore è libero di dimettersi in qualsiasi momento, rispettando i termini di preavviso, mentre il datore di lavoro può procedere al licenziamento solo in presenza di motivazioni valide e documentabili.
Licenziamento: un atto unilaterale del datore di lavoro
Concentriamoci ora sul licenziamento, che può avvenire quando il datore di lavoro decide di interrompere il contratto. Questa decisione deve però sempre rispettare le regole previste dalla legge, per evitare di incorrere in irregolarità o controversie. Le tre leggi che disciplinano le cause del licenziamento sono la legge 604/66, la legge 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) e la legge 108/1990.
Tipologie di licenziamento
Esistono diverse tipologie di licenziamento, che possiamo riassumere così:
- Licenziamento per giusta causa: si verifica quando il lavoratore commette un’infrazione talmente grave da rendere impossibile il proseguimento del rapporto, come un comportamento fraudolento o un grave danno all’azienda. In questo caso, non è previsto alcun preavviso.
- Licenziamento per giustificato motivo soggettivo: anche in questo caso si fa riferimento a un comportamento del dipendente, ma meno grave rispetto alla giusta causa. Un esempio può essere il ripetersi di inadempimenti contrattuali.
- Licenziamento per giustificato motivo oggettivo: non dipende dal comportamento del lavoratore ma da ragioni aziendali, come riorganizzazioni interne, calo del fatturato o soppressione del ruolo.
Casi particolari sono il licenziamento per superamento del periodo di comporto e il licenziamento per inidoneità alla mansione per cui il lavoratore è stato assunto (e impossibilità di adibirlo ad altre mansioni).
È importante sapere che ogni licenziamento deve essere motivato per iscritto, anche quando riguarda un dirigente, e deve rispettare le procedure previste dalla legge. Un licenziamento può essere infatti dichiarato illegittimo quando non sussistono motivazioni valide o viene effettuato per motivi discriminatori o illeciti, oppure inefficace se manca la forma scritta o il rispetto delle procedure.
Dimissioni: l’iniziativa del lavoratore
Quando è il lavoratore a voler terminare il rapporto di lavoro, si parla di dimissioni. Anche in questo caso, la legge prevede due principali modalità:
- Dimissioni volontarie, ossia la forma più comune. In questo caso il lavoratore comunica la volontà di lasciare il lavoro, rispettando il preavviso stabilito dal contratto collettivo applicabile. Dal 2016, per garantire la tracciabilità e prevenire abusi, questa procedura deve essere effettuata attraverso una piattaforma telematica dedicata;
- Dimissioni per giusta causa, che si verificano quando il datore di lavoro adotta comportamenti gravi, come il mancato pagamento dello stipendio, molestie o condizioni di lavoro lesive per la dignità del dipendente. In questi casi, il lavoratore può dimettersi senza preavviso e, in determinate situazioni, ha diritto alla NASpI (indennità di disoccupazione); in tale ultimo caso è consigliabile comunque procedere previo un consulto con un professionista e la verifica delle circolari dell’Inps in merito alla concedibilità della Naspi nei casi di dimissioni per giusta causa.
Nel caso delle dimissioni, il lavoratore deve comunicare formalmente la propria volontà al datore di lavoro. Quest’ultimo ha poi 30 giorni di tempo per richiedere al dipendente la “convalida” della decisione, un passaggio in cui il lavoratore conferma per iscritto la propria intenzione di dimettersi, garantendo così che la scelta sia stata libera e consapevole.
Risoluzione consensuale: un accordo tra le parti
La risoluzione consensuale rappresenta una terza opzione, basata su un accordo tra datore di lavoro e lavoratore per interrompere il rapporto. Questa modalità si basa quindi sull’incontro delle volontà delle parti, e viene spesso scelta per evitare conflitti o contenziosi onerosi.
Può essere adottata, ad esempio, in situazioni in cui entrambe le parti riconoscono che proseguire il rapporto non sarebbe vantaggioso. Questo tipo di accordo è efficace immediatamente e non prevede l’applicazione delle tutele normalmente associate a licenziamenti o dimissioni, come l’obbligo di preavviso o l’accesso alla NASpI.
La NASpI è però riconosciuta nelle ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro in cui le parti optano per la risoluzione consensuale, sia in esito alla procedura di conciliazione di cui all’art. 7 della L.604 del 1966, come modificato dall’art. 1, comma 40, della L. n. 92/2012, sia in esito al rifiuto del lavoratore al trasferimento ad altra sede distante oltre 50 km dalla residenza o mediamente raggiungibile in oltre 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblico.
In molti casi, il datore di lavoro incentiva la scelta della risoluzione consensuale offrendo una buonuscita o altre forme di compensazione economica. Tuttavia, è essenziale che entrambe le parti si rivolgano a un consulente per formalizzare correttamente l’accordo ed evitare problemi futuri.
Quando scegliere una delle tre opzioni?
- Licenziamento: è applicabile quando il datore di lavoro ha ragioni oggettive o soggettive per interrompere il rapporto, rispettando la normativa.
- Dimissioni: sono indicate per chi vuole cambiare lavoro o interrompere un rapporto ormai insoddisfacente. In caso di dimissioni per giusta causa, è fondamentale raccogliere prove e documentazione adeguata per tutelare i propri diritti.
- Risoluzione consensuale: ideale per situazioni in cui entrambe le parti vogliono evitare conflitti.
Affrontare una cessazione del rapporto di lavoro non è mai semplice. Come abbiamo visto, ogni opzione ha le sue specificità, ed è importante conoscerle per agire nel rispetto della legge e tutelare i propri interessi. In caso di chiarimenti o necessità di supporto, il nostro Studio legale è a disposizione per fornire consulenza personalizzata.
Avvocato del lavoro Sergio Palombarini, legale per aziende, lavoratori e lavoratrici
L’avvocato del lavoro Sergio Palombarini è un appassionato della materia da molti anni e insieme ai professionisti del suo Studio affianca aziende, cooperative, lavoratori e lavoratrici nelle controversie legate al diritto del lavoro: dimissioni, licenziamenti, sanzioni disciplinari, assunzioni, infortuni, malattia, permessi, trattamento di disoccupazione, insinuazione di crediti in procedure fallimentari, redazione dei contratti e in tutte le questioni giuslavoristiche e di diritto sindacale che toccano organizzazioni e personale subordinato. Le sedi dello Studio sono a Bologna in Via Bovi Campeggi 4 e Padova in Via S. Camillo De Lellis 37.