Dimissioni per giusta causa: quando si possono rassegnare?

Le dimissioni per giusta causa sono disciplinate dall’articolo 2119 del Codice Civile, che così sancisce: “Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto”.

A prescindere da che abbia un contratto a tempo determinato o indeterminato, dunque, il lavoratore o la lavoratrice possono rassegnare le proprie dimissioni con effetto immediato senza rispettare il periodo di preavviso (l’arco temporale tra la comunicazione della volontà di dimettersi e l’effettiva estinzione del rapporto di lavoro).

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Uomo con scatolone lascia l'ufficio

Dimissioni per giusta causa: quando è possibile rassegnarle e per quali motivi

Le dimissioni per giusta causa possono essere rassegnate sia sulla base di fatti attinenti il rapporto di lavoro, che sulla base di fatti ad esso estranei.

Il primo caso identifica la circostanza in cui la condotta del datore di lavoro sia stata talmente grave da impedire al lavoratore o alla lavoratrice di proseguire con le sue prestazioni. Il secondo caso, invece, descrive l’impossibilità da parte del subordinato di proseguire il rapporto di lavoro per un personale impedimento o per la sussistenza di circostanze particolari (relative, ad esempio, all’ambiente di lavoro).

I motivi validi per chiedere le dimissioni per giusta causa sono:

  • la mancata corresponsione della retribuzione, o il mancato versamento dei contributi, per un periodo superiore ai tre mesi
  • mobbing o molestie sessuali
  • la pretesa di prestazioni illecite
  • ingiurie e offese da parte del superiore gerarchico
  • trasferimento della sede lavorativa in assenza di motivazioni organizzative o produttive
  • dequalificazione
  • cessione dell’azienda, entro tre mesi dal trasferimento, qualora fossero sopraggiunte modifiche sostanziali delle condizioni lavorative
  • modifica unilaterale, da parte dell’azienda, delle condizioni di lavoro

Il lavoratore o la lavoratrice con contratto di lavoro a tempo indeterminato, che rassegna le dimissioni per giusta causa, come stabilito dall’articolo 2118 del Codice Civile, ha diritto a percepire un’indennità equivalente all’importo della retribuzione a cui avrebbe avuto diritto per il periodo di preavviso. Se il datore di lavoro rifiuta tale versamento, il lavoratore può procedere per vie legali chiedendo che venga verificata la sussistenza di una giusta causa per il suo licenziamento.

Gruppo che isola un singolo

Come rassegnare le dimissioni per giusta causa

Prima dell’entrata in vigore del Jobs Act, il lavoratore che intendeva rassegnare le dimissioni per giusta causa doveva consegnarle a mano al datore di lavoro oppure inviare una raccomandata a/r. A partire dal 12 marzo 2016, la presentazione delle dimissioni deve avvenire per via telematica.

Il lavoratore che intende procedere in autonomia deve collegarsi al sito del Ministero del Lavoro tramite SPID (https://servizi.lavoro.gov.it/): il form online consente di accedere alle informazioni relative al rapporto di lavoro da cui si intende recedere, così da compilare il modulo (che si caratterizza per la presenza della data di trasmissione e di un codice identificativo). A partire dalla data di trasmissione, il lavoratore ha 7 giorni per recedere dalle dimissioni o per comunicare la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. Trascorsi i 7 giorni, potrà presentare un nuovo modulo di dimissioni non revocabile. In alternativa, chi non volesse o non potesse agire autonomamente, può chiedere assistenza ad un soggetto abilitato (patronato, sindacato, ente bilaterale, commissioni di certificazione, consulente del lavoro, sedi territoriali competenti dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro) per la rassegnazione delle dimissioni per giusta causa.

Tale procedura non può essere applicata alle dimissioni nel periodo di prova, né alle dimissioni nel pubblico impiego o nell’ambito del lavoro domestico. Infine, non può dimettersi con tale modalità la lavoratrice in gravidanza o con figli d’età inferiore ai 3 anni.

Le dimissioni per giusta causa devono essere presentate tempestivamente rispetto al verificarsi dell’evento che le ha determinate.

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Uomo al computer

Dimissioni per giusta causa e disoccupazione

Il lavoratore che si dimette per sua volontà non ha di norma diritto alla NASpI (l’indennità mensile di disoccupazione). Tuttavia, nelle dimissioni per giusta causa, a condurre all’interruzione del rapporto di lavoro è un evento ben specifico che il lavoratore o la lavoratrice subisce. E che, di fatto, lo o la costringe a dimettersi.

A stabilirlo è stata la Corte Costituzionale, con sentenza  n. 269 del 17-24 giugno 2002, citata nella circolare INPS n.97/2003 “Le dimissioni per giusta causa non sono riconducibili alla libera scelta del lavoratore, in quanto indotte da comportamenti altrui idonei ad integrare la condizione di improseguibilità del rapporto di lavoro”.

Introducendo la nuova NASpI, un punto definitivo è stato messo dal legislatore stesso. Che, nell’articolo 3 del D.lgs n. 22/2015, recita: “La NASpI è riconosciuta anche ai lavoratori che hanno rassegnato le dimissioni per giusta causa”.

Il lavoratore o la lavoratrice, facendosi assistere da un avvocato, può inoltre richiedere il risarcimento per il danno patrimoniale e per il danno non patrimoniale subiti: il primo si riferisce alla contribuzione che avrebbe ricevuto in caso il rapporto di lavoro fosse proseguito, il secondo può essere richiesto qualora l’evento avesse minato la sua integrità psicofisica.

Avvocato del lavoro Sergio Palombarini, legale per aziende, lavoratori e lavoratrici

L’avvocato del lavoro Sergio Palombarini è un appassionato della materia da molti anni e insieme ai professionisti del suo Studio affianca aziende, cooperative, lavoratori e lavoratrici nelle controversie legate al diritto del lavoro: dimissioni, licenziamenti, sanzioni disciplinari, assunzioni, infortuni, malattia, permessi, trattamento di disoccupazione, insinuazione di crediti in procedure fallimentari, redazione dei contratti e tutte le questioni giuslavoristiche e di diritto sindacale che toccano organizzazioni e personale subordinato. Le sedi dello Studio sono a Bologna in Via Bovi Campeggi 4 e Padova in Via S. Camillo De Lellis 37.

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