Nell’ordinamento italiano esistono diversi tipi di contratti di lavoro. In questa pagina trovi riassunte le caratteristiche principali di alcuni dei contratti più importanti previsti nel nostro ordinamento.
Cos’è il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro CCNL?
Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) è la fonte normativa con cui i sindacati dei lavoratori e le associazioni dei datori di lavoro definiscono le regole alla base del loro rapporto di lavoro. La funzione dei CCNL è quella di stabilire le regole dei rapporti di lavoro nei singoli settori (CCNL metalmeccanico, CCNL dei trasporti, CCNL del commercio…).
Esistono diversi livelli di contrattazione:
- la contrattazione interconfederale che stabilisce le regole generali per tutti i lavoratori e le lavoratrici, indipendentemente dal settore in cui operano
- la contrattazione nazionale di categoria (CCNL) che definisce le regole per il comparto cui fa riferimento
- la contrattazione territoriale interconfederale e di categoria
- la contrattazione aziendale
Normalmente – ma da alcuni anni non è più sempre così – le regole definite a livello interconfederale e di CCNL sanciscono i limiti per i livelli di contrattazione più bassi nella gerarchia: territoriale e aziendale.
Cos’è il contratto individuale di lavoro?
È un contratto che lega il singolo lavoratore o lavoratrice al datore di lavoro. In base a questo contratto:
- il dipendente si impegna a prestare la propria opera manuale o intellettuale alle dipendenze, sotto la direzione e la vigilanza del datore di lavoro
- il datore di lavoro si impegna a corrispondere la retribuzione ed i contributi pensionistici al lavoratore
Perché il contratto sia valido deve esserci il consenso di entrambe le parti, devono essere indicati la causa – cioè l’impegno a prestare la propria opera in cambio della retribuzione – e l’oggetto – cioè l’attività che il lavoratore dovrà prestare alle dipendenze del datore di lavoro ed il riferimento alla categoria contrattuale cui appartiene.
Il contratto individuale di lavoro può essere a tempo indeterminato o a tempo determinato.
In entrambi la persona che presta la propria attività lavorativa è tenuta a:
- usare la diligenza necessaria al tipo di prestazione oggetto del contratto
- eseguire le disposizioni richieste dal datore di lavoro, a meno che non siano illecite, in questo caso, se esistono i presupposti, ha diritto a rassegnare le proprie dimissioni senza preavviso cioè per giusta causa (data la delicatezza della questione, però, è assolutamente consigliabile rivolgersi ad un avvocato del lavoro per valutare se esistono le condizioni per ricorrere a questa soluzione)
- non trattare affari in concorrenza con il datore di lavoro
- non divulgare notizie sull’organizzazione dell’azienda che possano danneggiarla (obbligo di fedeltà)
Cos’è il contratto a tempo determinato o contratto a termine e cosa prevede?
In linea di principio, secondo la normativa italiana, quando viene stipulato un nuovo contratto di lavoro, dovrebbe trattarsi di un contratto a tempo indeterminato, ma è possibile, nei casi specifici previsti dalla legge, stipulare un contratto con una scadenza: contratto a termine o a tempo determinato.
Qual è la durata massima del contratto a termine e quante proroghe si possono concordare?
La durata del contratto a tempo determinato:
- non può superare i 12 mesi
- può arrivare a massimo 24 mesi se il datore di lavoro deve fronteggiare esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze sostitutive di altri lavoratori oppure se deve fronteggiare esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria
Inoltre:
- se il rapporto di lavoro ha una durata superiore ai 12 giorni il termine deve essere fissato per iscritto altrimenti il contratto non è efficace
- il datore di lavoro deve consegnare al lavoratore copia scritta del contratto entro 5 giorni dall’avvio del rapporto di lavoro
- se si tratta di un rinnovo contrattuale, il datore di lavoro deve motivare le ragioni per cui è stato disposto
Il contratto a termine può essere prorogato a queste condizioni:
- è necessario che il lavoratore o la lavoratrice dia il suo consenso
- la durata iniziale del contratto è inferiore a 24 mesi
- le proroghe possono essere al massimo 4 e se questo limite viene superato il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato a partire dalla data di decorrenza della quinta proroga
- la motivazione che ha portato ad un allungamento del contratto deve essere specificata per iscritto solo quando il termine complessivo del rapporto di lavoro è maggiore di 12 mesi
Fermi i limiti di durata massima del contratto a tempo determinato – 24 mesi – se il rapporto di lavoro prosegue dopo la scadenza del termine concordato, il datore di lavoro deve corrispondere al lavoratore una maggiorazione pari al 20% della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto, fino al decimo giorno successivo e al 40% per ciascun giorno ulteriore.
Quanti lavoratori a termine si possono assumere?
Il numero complessivo di rapporti di lavoro a tempo determinato non può superare il limite del 20% del numero di lavoratori a tempo indeterminato presenti in azienda. Ci sono però delle eccezioni. Questo limite non vale se:
- il datore di lavoro ha fino 5 dipendenti
- l’attività è stata appena avviata o si tratta di una start-up innovativa
- l’assunzione di nuovo personale serve a sostituire personale in maternità, malattia, aspettativa ecc.
- l’assunzione riguarda un lavoro stagionale o lavori specifici (spettacoli, programmi radiofonici o televisivi)
- l’assunzione riguarda lavoratori e lavoratrici con più di 50 anni
- l’assunzione riguarda contratti a termine stipulati tra istituti di ricerca e tecnici o ricercatori
Se l’azienda supera il limite del 20% il contratto a termine non viene trasformato in contratto a tempo indeterminato, ma il datore di lavoro viene sanzionato (sanzione amministrativa).
Dimissioni e licenziamenti nei contratti a termine
Le persone assunte con contratto a tempo determinato possono essere licenziate e possono rassegnare le loro dimissioni. A differenza di chi è stato assunto con contratto a tempo indeterminato, però, godono di tutele minori:
- in caso di licenziamento, se illegittimo – cioè quando il datore di lavoro licenzia il lavoratore senza un giustificato motivo – il lavoratore a termine non può chiedere di essere reintegrato, ma può solo ricevere un risarcimento danni, avviando una causa in Tribunale nei confronti del datore di lavoro
- in caso di dimissioni per giusta causa, il lavoratore o la lavoratrice con contratto a termine può solo chiedere il risarcimento del danno
- in caso di dimissioni non motivate da giusta causa, il lavoratore o la lavoratrice deve accordarsi con il datore di lavoro per concludere il rapporto di lavoro con il consenso di entrambi: se non lo fa e si dimette, deve risarcire il danno al datore di lavoro
Chi ha un contratto a termine ha diritto alla disoccupazione?
Sì possono chiedere un’indennità di disoccupazione NASpI, ma solo se hanno perso il lavoro involontariamente o in caso di dimissioni per giusta causa (in seguito a comportamenti tali da rendere impossibile il proseguimento del rapporto di lavoro). Non hanno invece diritto alla disoccupazione i lavoratori e le lavoratrici che hanno dato le dimissioni per motivi diversi dalla giusta causa o che hanno risolto il contratto con il consenso del datore di lavoro.
Contratto a tempo indeterminato
Nel nostro ordinamento – salvo alcuni casi specifici – quando viene stipulato un contratto tra due parti, si tratta di un contratto a tempo indeterminato, con cui il lavoratore o la lavoratrice presta la propria attività manuale o intellettuale in cambio di un corrispettivo, sotto la direzione, l’organizzazione e la vigilanza del datore di lavoro, senza vincoli di durata.
In questa tipologia contrattuale vige il principio della libertà di forma, quindi le due parti possono stipulare il contratto anche in forma orale. Però, in alcuni casi – contratto di lavoro del personale navigante e contratto di lavoro sportivo – è obbligatoria la forma scritta, a pena di nullità. È possibile anche inserire degli elementi accessori (patti accessori) che devono essere indicati con un atto scritto.
Una volta concluso il contratto di lavoro, il titolare deve dare al lavoratore o alla lavoratrice tutte le informazioni relative al rapporto di lavoro, in forma scritta.
Quali sono i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici con contratto a tempo indeterminato che subiscono un licenziamento?
Il lavoratore o la lavoratrice con contratto a tempo indeterminato ha tempo 60 giorni dal ricevimento della comunicazione per impugnare il licenziamento. Una volta trascorso questo periodo di tempo, se non agisce, non ha più la possibilità di contestarlo.
Cessazione del contratto a tempo indeterminato: licenziamento e dimissioni
Dato che il contratto a tempo indeterminato non ha una durata, è necessario che le parti compiano un atto esplicito e in forma scritta per concludere il rapporto di lavoro:
- se a recedere dal contratto è il datore di lavoro – azienda, ente o professionista – che intende licenziare il lavoratore o la lavoratrice deve dimostrare che la sua decisione è motivata: può trattarsi di una scelta di natura disciplinare – licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo – o di natura oggettiva, legata a crisi aziendale o ad una diversa riorganizzazione del lavoro (licenziamento per giustificato motivo oggettivo)
- se a recedere è il lavoratore o la lavoratrice, quindi in caso di dimissioni, non è necessaria alcuna motivazione
In entrambi i casi – a meno che non ci sia una giusta causa alla base del licenziamento o delle dimissioni – è necessario dare un preavviso la cui durata dipende dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro a cui appartengono le due parti, o, se non viene svolto il lavoro durante il periodo di preavviso, con il versamento di un’indennità economica sostitutiva del preavviso stesso. Se la decisione di recedere dal contratto è motivata da una giusta causa, chi recede ha diritto ad un indennizzo pari all’indennità sostitutiva del preavviso.