Il licenziamento disciplinare del dirigente e dello pseudo dirigente

Nei nostri articoli abbiamo trattato spesso il tema del licenziamento. Ma cosa accade quando questo tocca chi ricopre un ruolo di grandi responsabilità all’interno dell’organizzazione? Il licenziamento del dirigente si differenzia da quello di lavoratori e lavoratrici subordinati, proprio in virtù della particolare posizione di chi ricopre questo ruolo, all’interno dell’azienda o dell’ente. Nei prossimi paragrafi vedremo cosa prevede la legge in materia di licenziamento del dirigente e dello pseudo dirigente. Quest’ultimo è una persona che formalmente ricopre il ruolo di dirigente, ma non nella sostanza. Semplificando, possiamo dire che si tratta di un dirigente solo di nome.

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Quando può essere licenziato un dirigente e perché?

Un dirigente può essere licenziato per giusta causa – perché ha messo in atto comportamenti o inadempimenti contrattuali così gravi che non è più possibile proseguire il rapporto di lavoro – o per giustificatezza dei motivi. La legge in materia, infatti, prevede che il licenziamento di chi ricopre questo ruolo debba essere sempre giustificato.

Il motivo risiede nella particolarità della figura del dirigente, che ha un ampio potere nelle scelte operative e organizzative dell’azienda o dell’ente e opera in sostanziale autonomia. Di fatto, ha un ruolo molto simile a quello del titolare dell’azienda, cioè il datore di lavoro, con cui opera in un rapporto di stretta fiducia. Proprio in virtù di questa fiducia, il dirigente è più esposto al rischio di perdere il suo ruolo. L’impatto del suo operato, infatti, può determinare più facilmente un danno per l’azienda, rispetto a quello che potrebbe provocare un lavoratore dipendente. Ed è per questo che lo stesso fatto, compiuto da un subordinato, può portare a un semplice richiamo, ma nel caso del dirigente, può determinarne il licenziamento.

Di conseguenza, per il datore di lavoro risulta, nei fatti, più “semplice” licenziare il dirigente, rispetto a un lavoratore subordinato, perché i motivi che possono portare a questo provvedimento sono più ampi e delicati di quelli che possono determinare il licenziamento del dipendente. Tuttavia, il datore di lavoro ha comunque l’obbligo di rispettare le regole formali di trasparenza e correttezza previste dalla legge e dai contratti collettivi di lavoro. Questi, infatti, stabiliscono che il datore di lavoro possa licenziare il dirigente a patto di motivare il provvedimento. Se manca la giustificatezza dei motivi, il dirigente ha diritto al risarcimento del danno, cioè a un’indennità supplementare, oltre al trattamento di fine rapporto (TFR).

Le cose cambiano quando il licenziamento del dirigente è di natura disciplinare.

Licenziamento disciplinare del dirigente: cosa cambia e come funziona

Quando il licenziamento è motivato da una condotta negligente, colpevole e tale da tradire la fiducia del datore di lavoro, anche al dirigente si applicano le garanzie previste dallo Statuto dei Lavoratori (Legge n. 300/1970). Una tutela che vale sia per il dirigente che per lo pseudo dirigente.

Significa che il dirigente – e lo pseudo dirigente – deve avere la possibilità di rispondere alla contestazione disciplinare, preparando una difesa scritta.

In alternativa il dirigente può chiedere di essere sentito oralmente a sua difesa. La procedura è la stessa a cui si deve ricorrere nel caso di licenziamento disciplinare del lavoratore:

1) il datore di lavoro deve contestare il fatto al dirigente
2) il dirigente ha 5 giorni di tempo per presentare le sue giustificazioni
3) il datore di lavoro deve irrogare, cioè, adottare il provvedimento disciplinare, che può andare da un semplice richiamo verbale fino al licenziamento del dirigente

Quanto spetta al dirigente licenziato?

Al dirigente licenziato per motivi disciplinari (ossia per “giusta causa”) spettano:

  • Il trattamento di fine rapporto (TFR)
    Come per tutti i lavoratori subordinati, anche il dirigente ha diritto in ogni caso al TFR, calcolato sulla base degli anni di servizio.
  • Indennità di preavviso
    Riconosciuta se il datore di lavoro, a fronte dell’impugnazione del licenziamento, non dimostra la sussistenza della giusta causa (ossia di un motivo particolarmente grave del licenziamento). L’indennità va da un minimo a un massimo a seconda della durata del rapporto di lavoro e del contratto collettivo applicato (industria, commercio ecc).
  • Indennità supplementare
    Viene riconosciuta un’indennità supplementare (sempre calcolata secondo i parametri previsti dai diversi contratti collettivi) qualora, sempre a fronte di una contestazione e impugnazione del licenziamento da parte del dirigente, il datore di lavoro, non dimostri la giusta causa di licenziamento ma neppure un principio di sua giustificatezza.
Uomo seduto alla scrivania, si stringe la testa fra le mani mentre guarda lo schermo del computer

Licenziamento dello pseudo dirigente

Abbiamo già anticipato che lo pseudo dirigente è la persona inquadrata, da contratto, come dirigente, ma di fatto non lo è, cioè, è dirigente solo di nome, perché svolge la sua attività sotto il controllo del datore di lavoro o di un altro dirigente. È importante sapere che può essere considerato pseudo dirigente anche il dirigente demansionato.

Si tratta di un soggetto che non ha la stessa autonomia e lo stesso potere decisionale del dirigente in senso proprio e che ha quindi responsabilità più limitate. Per questo motivo, dottrina e giurisprudenza stabiliscono che la disciplina del licenziamento del dirigente non si applica anche allo pseudo dirigente. Quest’ultimo, quindi, è sottoposto alle norme previste per qualsiasi lavoratore subordinato o lavoratrice subordinata.

Come capire quale normativa applicare?

Per comprendere se optare per il licenziamento del dirigente o per quello del lavoratore subordinato, è necessario verificare quali mansioni svolge effettivamente il dirigente e quali sono le sue responsabilità. Quindi, determinare se si tratta di un dirigente in senso proprio o solo di nome.

Avvocato del lavoro Sergio Palombarini, legale per aziende, lavoratori e lavoratrici

L’avvocato del lavoro Sergio Palombarini è un appassionato della materia da molti anni e insieme ai professionisti del suo Studio affianca aziende, cooperative, lavoratori e lavoratrici nelle controversie legate al diritto del lavoro: dimissioni, licenziamenti, sanzioni disciplinari, assunzioni, infortuni, malattia, permessi, trattamento di disoccupazione, insinuazione di crediti in procedure fallimentari, redazione dei contratti e tutte le questioni giuslavoristiche e di diritto sindacale che toccano organizzazioni e personale subordinato. Le sedi dello Studio sono a Bologna in Via Bovi Campeggi 4 e Padova in Via S. Camillo De Lellis 37.

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