In quali casi è possibile licenziare un lavoratore per giusta causa
- 4 Ottobre 2021
- Posted by: Sergio Palombarini
- Categoria: Approfondimenti

Il licenziamento per giusta causa è disciplinato dall’articolo 2119 del Codice Civile, che così recita: “Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto”.
ll lavoratore può dunque essere licenziato per giusta causa se mette in atto comportamenti, o se commette inadempimenti, gravi a tal punto che il rapporto di lavoro non può proseguire. Come più volte chiarito dalla Magistratura, non possono essere considerati una giusta causa il fallimento dell’azienda e neppure la sua messa in liquidazione. Al contrario, anche i comportamenti tenuti dal lavoratore al di fuori del contesto lavorativo possono portare al licenziamento per giusta causa qualora la loro gravità fosse tale da compromettere la fiducia del datore di lavoro e la serenità dell’ambiente in cui opera.
Licenziamento per giusta causa, la procedura
Il licenziamento per giusta causa è lo strumento ultimo a cui ricorrere, e deve essere adottato in caso qualunque altra sanzione non tutelerebbe l’interesse del datore di lavoro. A stabilirlo è stata la Cassazione, con la sentenza n. 11516 del 24/07/2003, così come i Tribunali e le Corti di appello, con molte pronunce. Essendo una sanzione disciplinare, inoltre, deve necessariamente conseguire un procedimento disciplinare: il datore di lavoro deve contestare il comportamento al lavoratore, concedendogli la possibilità di difendersi e di spiegare i motivi alla base del suo comportamento.
La procedura di licenziamento per giusta causa è ben precisa: il datore di lavoro deve inviare al dipendente una lettera di contestazione scritta che spieghi qual è la condotta incriminata. La lettera deve essere:
- tempestiva rispetto al fatto
- specifica e dettagliata
- non modificabile
Il dipendente ha generalmente cinque giorni dalla sua ricezione per rispondere in forma scritta o per chiedere un colloquio al datore di lavoro. Una volta ascoltato il dipendente, o dopo aver letto la sua difesa, il datore di lavoro dovrà rispondergli in forma scritta comunicando la sua decisione. Decisione che, in presenza di precise motivazioni, può consistere nel licenziamento per giusta causa.
Quando il licenziamento per giusta causa è attuabile?
Il licenziamento per giusta causa può avvenire, in primis, per false malattie, falsi infortuni e abusi. Rientrano tra gli abusi l’uso scorretto dei permessi lavorativi ottenuti con la Legge 104, il rifiuto del dipendente di riprendere il lavoro una volta accertata l’insussistenza della malattia, il lavoro per terze parti durante la malattia e la falsa timbratura del cartellino.
ll licenziamento per giusta causa può inoltre conseguire:
- la concorrenza sleale
- il rifiuto reiterato e ingiustificato a compiere una determinata prestazione lavorativa
- l’abbandono del posto di lavoro, se privo di un giustificato motivo
- il furto di beni aziendali
- l’insubordinazione
- una condotta penalmente rilevante, anche al di fuori dell’orario lavorativo
- la diffamazione
- la messa in atto di comportamenti violenti
Molti dei comportamenti sopra citati hanno come conseguenza la rottura del rapporto di fiducia. Se il dipendente utilizza un permesso per uno scopo diverso da quello previsto dalla legge, se svolge attività di concorrenza, se diffama l’azienda sui social network, falsifica i badge o i certificati di malattia, o sottrae materiale coperto da segreto industriale, l’azienda non avrà più fiducia in lui. E, il licenziamento per giusta causa, sarà inevitabile. In ogni caso va sempre tenuto presente che presupposto del licenziamento per giusta causa è che il lavoratore abbia posto in essere una condotta di una tale gravità da ledere, in maniera irreparabile, la fiducia che il datore di lavoro ripone nei suoi confronti.
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Giusta causa o giustificato motivo?
Il licenziamento per giustificato motivo, insieme al licenziamento per giusta causa e al licenziamento collettivo, oltre al licenziamento per superamento del periodo di comporto, è uno dei tre strumenti che l’azienda ha per licenziare un dipendente.
Il licenziamento per giustificato motivo può conseguire un grave inadempimento, come l’adozione da parte del dipendente di comportamenti violenti o la sua prolungata e ingiustificata assenza: si parla, in questo caso, di licenziamento per giustificato motivo soggettivo. Si parla invece di licenziamento per giustificato motivo oggettivo quando l’azienda non ha più bisogno del lavoro svolto dal singolo dipendente oppure da una categoria di lavoratori (ad esempio per via di una crisi aziendale o dell’innovazione tecnologica).
La differenza tra giusta causa e giustificato motivo soggettivo risiede nei motivi del licenziamento. Se il comportamento del dipendente è tanto grave da rendere impossibile il proseguimento del rapporto di lavoro, verrà licenziato per giusta causa. Se il suo comportamento è grave ma non al punto da determinare l’interruzione immediata del rapporto di lavoro, verrà licenziato per giustificato motivo soggettivo. Nel primo caso il datore di lavoro di lavoro non è tenuto a rispettare alcun preavviso, nel secondo caso sì.
Avvocato del lavoro Sergio Palombarini, legale per aziende, lavoratori e lavoratrici
L’avvocato del lavoro Sergio Palombarini è un appassionato della materia da molti anni e insieme ai professionisti del suo Studio affianca aziende, cooperative, lavoratori e lavoratrici nelle controversie legate al diritto del lavoro: dimissioni, licenziamenti, sanzioni disciplinari, assunzioni, infortuni, malattia, permessi, trattamento di disoccupazione, insinuazione di crediti in procedure fallimentari, redazione dei contratti e tutte le questioni giuslavoristiche e di diritto sindacale che toccano organizzazioni e personale subordinato. Le sedi dello Studio sono a Bologna in Via Bovi Campeggi 4 e Padova in Via S. Camillo De Lellis 37.