Si può essere licenziati per scarso rendimento?

Negli articoli pubblicati su questo sito, abbiamo spesso toccato il tema del licenziamento, sia dal punto di vista di chi lo commina – il datore di lavoro – sia da quello di chi lo subisce: il lavoratore o la lavoratrice. Abbiamo visto che, per esempio, si può ricorrere al licenziamento disciplinare per inadempimento e violazione degli obblighi contrattuali e cosa può motivare il licenziamento di chi ha un contratto a tempo indeterminato.

Ma è possibile perdere il lavoro perché non si sono raggiunti gli obiettivi aziendali? Nel nostro ordinamento, esiste il licenziamento per “scarso rendimento”?

Nei prossimi paragrafi, vediamo cosa si intende con questa espressione, cosa prevedono la legge e la giurisprudenza, cosa fare in caso di licenziamento per scarso rendimento e se in questi casi è possibile richiedere la NASpI.

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Cosa si intende per “scarso rendimento”?

Per scarso rendimento si intende la situazione in cui un lavoratore o una lavoratrice non raggiunge una prestazione in linea con i parametri di diligenza e professionalità definiti dal datore di lavoro, per un determinato periodo di tempo. In sostanza, per utilizzare un termine tipico del mondo aziendale, è una prestazione scarsamente “produttiva”.

Il licenziamento per scarso rendimento, quindi, esiste e rientra tra i motivi che portano al licenziamento per giustificato motivo soggettivo.

Si tratta di un inadempimento significativo, tale da motivare l’interruzione del rapporto di lavoro, ma non così grave da causare il licenziamento in tronco (per giusta causa).

Si pone quindi il problema di capire come dimostrare lo scarso rendimento. Infatti, non basta che il datore di lavoro dichiari che il dipendente non è sufficientemente produttivo per motivare il licenziamento, devono ricorrere determinate condizioni.

Vediamo cosa prevede la legge e soprattutto qual è l’interpretazione della giurisprudenza in materia.

Quando è giustificato il licenziamento per scarso rendimento?

L’articolo 2104 del Codice Civile prevede che il lavoratore – o la lavoratrice – debba “usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall’interesse dell’impresa e da quello superiore della produzione nazionale.” Inoltre, deve anche “osservare le disposizioni per l’esecuzione e la disciplina del lavoro” che vengono impartite dal datore di lavoro e dai collaboratori a lui – o a lei – gerarchicamente superiori.

Cioè, deve lavorare con diligenza, secondo quanto previsto dalla sua mansione, e seguendo le indicazioni del datore di lavoro e dei suoi responsabili.

Se questo non avviene, il datore di lavoro può agire segnalando alla persona l’inadempimento attraverso una o più lettere di contestazione disciplinare, a cui può seguire il licenziamento per giustificato motivo soggettivo.

Sempre a questo proposito – allo scopo di capire su quali presupposti concreti dovrebbe basarsi la scelta di ricorrere al licenziamento per scarso rendimento – segnaliamo una recente sentenza della Corte di Cassazione (Corte di Cassazione, ordinanza 6 aprile 2023, n. 9453), chiamata a valutare la legittimità di un licenziamento per giusta causa nei confronti di un dipendente di una banca.

Nello specifico: “I giudici di merito, chiamati a valutare la legittimità di un licenziamento per giusta causa intimato al dipendente di una banca in relazione a diverse contestazioni disciplinari, avendo constatato la fondatezza del solo addebito di scarso rendimento, avevano convertito il recesso in licenziamento per giustificato motivo soggettivo, riconoscendo al lavoratore l’indennità di mancato preavviso.” (fonte WikiLabour)

In breve: il lavoratore si era rivolto al tribunale perché licenziato per giusta causa (quindi in tronco, cioè senza preavviso). I giudici del tribunale avevano stabilito che si trattasse invece di un licenziamento per giustificato motivo soggettivo – sulla base dello scarso rendimento – e che quindi il lavoratore avesse diritto all’indennità di mancato preavviso.

Il lavoratore aveva poi fatto ricorso in Cassazione e la Corte, chiamata a deliberare e rigettato il ricorso, osservava che, in caso di licenziamento per scarso rendimento, il datore di lavoro, oltre a provare il mancato raggiungimento del risultato atteso, deve anche dimostrare che questo dipende dalla negligenza del dipendente nell’adempiere ai propri obblighi contrattuali.

Affinché sia possibile ricorrervi, quindi, il datore di lavoro deve dimostrare che:

  • vi è una sproporzione notevole tra obiettivi fissati dal datore di lavoro e risultati raggiunti, utilizzando parametri concreti e che tengano conto del rendimento medio degli altri dipendenti con funzioni simili (per esempio, il numero di appuntamenti mensili con i clienti e le vendite conseguite nel mese, rapportato al numero di visite e vendite registrati dai colleghi);
  • la sproporzione dipende dalla negligenza del dipendente nell’adempiere agli obblighi contrattuali e non deriva, invece, dall’organizzazione dell’azienda o altri fattori.

Quale procedura deve seguire il datore di lavoro

Abbiamo visto che il licenziamento per scarso rendimento rientra nell’ambito del licenziamento per giustificato motivo soggettivo. In questi casi, quindi, il datore di lavoro deve seguire la procedura prevista dall’articolo 7 della legge 300/1970, pena l’illegittimità del licenziamento:

1) contestare l’inadempimento al lavoratore;

2) invitare il lavoratore a presentare le proprie giustificazioni;

3) attendere 5 giorni dalla contestazione e poi adottare la sanzione.

Cosa fare in caso di licenziamento per scarso rendimento

Il lavoratore – o la lavoratrice – licenziato per scarso rendimento che ritiene il provvedimento illegittimo può impugnarlo. Si consiglia, però, di agire prima che il datore di lavoro si decida per questa sanzione, rispondendo alla contestazione disciplinare immediatamente e con l’assistenza di un avvocato. I tempi di risposta sono strettissimi: entro 5 giorni per ribattere e presentare le proprie difese.

Si ha diritto alla NASpI?

Sì. La NASpI o indennità mensile di disoccupazione può essere richiesta dalle lavoratrici e dai lavoratori dipendenti che hanno perso involontariamente il posto di lavoro, compreso quindi il caso di chi viene licenziato per scarso rendimento.

Avvocato del lavoro Sergio Palombarini, legale per aziende, lavoratori e lavoratrici

L’avvocato del lavoro Sergio Palombarini è un appassionato della materia da molti anni e insieme ai professionisti del suo Studio affianca aziende, cooperative, lavoratori e lavoratrici nelle controversie legate al diritto del lavoro: dimissioni, licenziamenti, sanzioni disciplinari, assunzioni, infortuni, malattia, permessi, trattamento di disoccupazione, insinuazione di crediti in procedure fallimentari, redazione dei contratti e tutte le questioni giuslavoristiche e di diritto sindacale che toccano organizzazioni e personale subordinato. Le sedi dello Studio sono a Bologna in Via Bovi Campeggi 4 e Padova in Via S. Camillo De Lellis 37.

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